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domenica 10 agosto 2025

Ecco perché Dio non sempre impedisce il male

Ogni tanto qualcuno domanda per quale motivo Dio non ha impedito le grandi catastrofi come le guerre mondiali e le stragi.

Gli atei e i comunisti hanno una visione immanentista della vita, non credono nel soprannaturale, sperano di fondare in questo mondo una sorta di paradiso terrestre senza Dio. Invece i cattolici fedeli alla Tradizione hanno una visione soprannaturale della vita, sanno che l'uomo su questa Terra è solo di passaggio per breve tempo, e che il suo vero scopo è di salvarsi l'anima e di andare nella Patria celeste, ove non ci saranno più tribolazioni, ma solo gaudio eterno.

Dio, bene infinito, per sua natura è incapace di fare o desiderare il male. Essendo onnipotente ha il potere di impedire che nel mondo accadano dei crimini, tuttavia in molti casi non impedisce che vengano commessi perché desidera trarne un bene maggiore.

Dio è infinita sapienza, mentre noi siamo piccole creature al suo cospetto, pertanto non possiamo comprendere i suoi arcani decreti. Ecco perché quando vediamo che nel mondo vengono commessi molti crimini non sappiamo per quale motivo il Signore abbia tollerato che accadessero. Tuttavia con gli occhi della fede dobbiamo credere fermamente che Dio onnipotente non impedisce il male perché desidera trarne un bene più grande. Pensiamo ad esempio a una persona che perde il posto di lavoro ma pochi giorni dopo riesce a trovarne un altro più gratificante e meglio retribuito (vantaggio materiale), oppure riesce a trovarne un altro in cui non c'è l'occasione prossima di peccato che in passato la faceva cadere spesso (vantaggio spirituale). Permettendo che perdesse il precedente posto di lavoro, il Signore ha ottenuto per quella persona un bene maggiore.

La Santissima Trinità è amore infinito, ma è anche giustizia infinita. Ognuno di noi ha delle imperfezioni più o meno gravi di cui emendarsi, e i castighi di Dio sono un potente mezzo di purificazione. Quanta gente si è convertita in seguito ad una grave malattia o a qualche altra sciagura! Ma Dio non “castiga” solo i peccatori che vuole convertire, ma anche i buoni per farli diventare ancora più santi. L'esempio classico da raccontare è la storia del Santo Giobbe, il quale pur essendo una persona pia e devota, tuttavia venne messa alla prova dal Signore, permettendo che venisse travagliato da una schiera di sciagure, tra cui lutti, furti, malattie, incomprensioni, ecc. Invece di bestemmiare Dio, pronunciò delle celebri parole di rassegnazione e sottomissione alla divina volontà. Dio non volle il male, per esempio che Giobbe subisse il furto delle greggi di animali, ma tollerò che ciò avvenisse poiché voleva trarne un bene maggiore. È troppo facile amare la Santissima Trinità quando tutto va bene, ma è nei momenti di difficoltà che si vede se una persona ama davvero il Signore. Giobbe rimase fedele e guadagnò enormi gradi di gloria per il Cielo. Un conto è salvarsi l'anima per un soffio, altro conto è salvarsi coi meriti di un Giobbe, di un San Francesco o di una Santa Teresa di Lisieux, i quali soffrirono molto su questa terra. Lo Spirito Santo nella lettera di San Paolo Apostolo agli ebrei (capitolo 12, versetto 6) afferma: “Quem enim diligit Dominus castigat”. È proprio così, Dio corregge e purifica con le tribolazioni coloro che ama e che vuole salvare.

La vita terrena è solo una prova in attesa di entrare nell'eternità: infelice nell'inferno, felice in paradiso. Coloro che durante la vita in questo mondo hanno sopportato con pazienza cristiana le persecuzioni, le ingiustizie, le tribolazioni, le malattie, ecc., trascorreranno il resto dell'eternità nella gioia, godendo la visione beatifica della Santissima Trinità.

A coloro che desiderano approfondire questo importante argomento, consiglio di leggere “Uniformità alla volontà di Dio”, di Sant'Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa.

Pensiero del giorno

Qui consiste tutta la perfezione ed amore di un'anima verso Dio, nel cercare sempre il gusto di Dio e far quel che più piace a Dio.


(Sant'Alfonso Maria de Liguori)


sabato 9 agosto 2025

Laura Bonaventura, da monaca rilassata a fervorosa

[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].


Laura Bonaventura era una nobilissima donzella romana dotata di rara bellezza, di straordinari talenti, di gran vivacità di spirito e affabilità di maniere. Si era ritirata nel celebre monastero di Torre di Specchi più per capriccio e bizzarria, che per spirito di vera vocazione, e viveva quindi in esso più da mondana che da monaca. Senza ritiratezza, senza divozione, senza osservanza delle regole, ella non pensava che a comparire, ed attirarsi le lodi pel suo spirito, per la sua avvenenza, e a menare una vita geniale e di bel tempo. Avendo determinato quelle monache di fare alcuni giorni di ritiro per meditare seriamente le massime eterne nei santi Esercizi Spirituali, Laura si pose in aperta contraddizione colle compagne, e protestò altamente, che ella non voleva saperne di tanti ritiri e meditazioni. Nascondetevi pure, diceva loro beffandole, rintanatevi nelle vostre celle; io non voglio tanti scrupoli, né tante malinconie: mi basta di esser monaca, non voglio farmi romita. A voi, tutte spirituali, lascio le contemplazioni e le estasi, io, terrena e mondana, mi rimango nelle mie solite occupazioni. Contuttociò, cominciati gli Esercizi, si sentì mossa quasi per forza da una voce interna ad assistere almeno alla prima meditazione che veniva proposta. Era la meditazione del fine dell'uomo. Ne provò un'impressione vivissima; e profondandosi sempre più in quella grande verità che siamo stati creati da Dio e posti qui in terra per servirlo, amarlo e farci salvi, che questa è l'unica cosa necessaria, e tutto il resto vanità, si recò subito ai piedi del Direttore, e gli disse poche ma risolute parole: - Padre, non bisogna più scherzare con Dio: io voglio ad ogni costo farmi santa, anzi gran santa e presto. Voleva più dire, ma fu impedita da un profluvio di lagrime. Fece poi una confessione generale di tutta la sua vita, e scrisse e pose ai piedi del Crocifisso un'intera donazione di sé stessa. Rinunziò a tutte le vanità, e con somma meraviglia ed edificazione delle compagne, intraprese davvero una vita ritirata, devota, umile, mortificata, penitente ed esemplare, che continuò santamente fino alla morte: lasciando un bell'esempio a tutti del come giovino i SS. Spirituali Esercizi, e di quanto sia proficuo il meditare sul fine dell'uomo.

Pensiero del giorno

Ecce vobiscum sum usque ad consummationem saeculi.


(Matth. 28, 20)

 


venerdì 8 agosto 2025

Pio XII contro "un certo spirito di novità"

Dall'Enciclica "Menti Nostrae" del Sommo Pontefice Pio XII.


Avete già rilevato che tra i Sacerdoti, specialmente tra quelli meno forniti di dottrina e di vita meno severa, si va diffondendo, in modo sempre più grave e preoccupante, un certo spirito di novità.

Quando sia lodevole

La novità non è mai per se stessa un criterio di verità, e può essere lodevole soltanto quando conferma la verità e porta alla rettitudine ed alla virtù.

Novità perniciose contro cui stare in guardia

L'epoca in cui viviamo soffre di un grave smarrimento in ogni campo: sistemi filosofici che nascono e muoiono senza punto migliorare i costumi; mostruosità di certa arte che pure ha la pretesa di chiamarsi cristiana; criteri di governo in molti luoghi che riescono più all'oppressione del cittadino che al bene comune; metodi di vita e di rapporti economici e sociali in cui sono più in pericolo gli onesti che gli scaltri. Da ciò quasi naturalmente deriva che non manchino del tutto nei nostri tempi Sacerdoti infetti in qualche modo da simile contagio; e che manifestano opinioni e seguono un sistema di vita anche nel vestire e nella cura della persona, alieni sia dalla loro dignità che dalla loro missione; che si lasciano trascinare dalla smania di novità sia nel predicare ai fedeli sia nel combattere gli errori degli avversari; e che perciò compromettono non solo la loro coscienza, ma anche la loro buona fama e quindi l'efficacia del loro ministero.

Il Clero e la questione sociale

Pari rettitudine di atteggiamento si richiede riguardo alle dottrine sociali del tempo presente.

Nessuna incertezza contro il comunismo

Vi sono alcuni i quali, di fronte all'iniquità del comunismo che mira a strappare la fede a quelli ai quali promette il benessere materiale, si mostrano pavidi ed incerti; ma questa Sede Apostolica, con documenti recenti, ha indicato con chiarezza la via da seguire, dalla quale nessuno dovrà allontanarsi se non vorrà mancare al proprio dovere.

Denunciare le conseguenze dannose del capitalismo

Altri si dimostrano non meno pavidi e incerti di fronte a quel sistema economico che è noto con il nome di capitalismo, del quale la Chiesa non ha mancato di denunciare le gravi conseguenze. La Chiesa infatti ha indicato non soltanto gli abusi del capitale e dello stesso diritto di proprietà che tale sistema promuove e difende, ma ha altresì insegnato che il capitale e la proprietà devono essere strumenti della produzione a vantaggio di tutta la società e mezzi di sostegno e di difesa della libertà e dignità della persona umana. Gli errori dei due sistemi economici e le dannose conseguenze che ne derivano devono convincere tutti e specialmente i Sacerdoti a mantenersi fedeli alla dottrina sociale della Chiesa e a diffonderne la conoscenza e l'applicazione pratica. Tale dottrina infatti è la sola che può rimediare ai mali denunciati e così dolorosamente diffusi: essa unisce e perfeziona le esigenze della giustizia e i doveri della carità e promuove un ordinamento sociale che non opprima i singoli e non li isoli in un egoismo cieco, ma tutti unisca nell'armonia dei rapporti e nel vincolo di fraterna solidarietà.

Ad esempio del Divino Maestro, il Sacerdote vada incontro ai poveri, ai lavoratori, a tutti quelli che si trovano in angustia e in miseria, fra i quali sono anche molti della classe media e non pochi confratelli di sacerdozio. Ma non trascuri neppure coloro che, pur ricchi di beni di fortuna, sono spesso i più poveri nell'anima e hanno bisogno di essere chiamati a rinnovarsi spiritualmente per fare come Zaccheo: " Dò ai poveri la metà dei miei beni e se ho frodato qualcuno di qualche cosa, restituisco il quadruplo " (Lc 19, 8). Nel campo delle contese sociali dunque il Sacerdote non perda mai di vista lo scopo della sua missione. Con zelo, senza timore, deve esporre i principii cattolici circa la proprietà, le ricchezze, la giustizia sociale e la carità cristiana fra le diverse classi, e dare a tutti l'esempio manifesto della loro applicazione.

Formare i laici ai doveri sociali

In via ordinaria la realizzazione di questi principii sociali cristiani nella vita pubblica è officio dei laici, e dove non ve ne sono di capaci, il Sacerdote ponga ogni cura nel formarli adeguatamente.

Pensiero del giorno

[L'anima afflitta da aridità di spirito] non si affanni allora a volere accertarsi che sta in grazia di Dio e che non vi ha peccato. Voi volete allora conoscere e star sicura che Dio vi ama; ma Dio in quel tempo non vuole farvelo conoscere, ma vuole che solo attendiate ad umiliarvi, a confidare nella sua bontà ed a rassegnarvi nel suo volere. Voi allora volete vedere, e Dio non vuole che vediate. Del resto dice s. Francesco di Sales che la risoluzione che avete (almeno colla punta della volontà) di amar Dio e di non volergli dare il minimo disgusto deliberato, vi assicura che state in grazia di Dio. Abbandonatevi in quel tempo in braccio alla divina misericordia; protestatevi che non volete altro che Dio e la sua volontà, e non temete. Oh quanto sono cari al Signore questi atti di confidenza e di rassegnazione fatti in mezzo a quelle tenebre spaventose!


(Sant'Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa)

giovedì 7 agosto 2025

Nell'ora della morte chiese l'aiuto alla Vergine Maria

[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].

Non solo Maria SS. cerca che i suoi devoti non vadano nell'inferno ma abbrevia loro le pene del Purgatorio. Si legge nella vita di Suor Caterina di Sant'Agostino, che nel luogo ove dimorava questa Serva di Dio, abitava una donna di nome Maria, che dalla prima sua gioventù aveva menata una vita sregolatissima. L'età non la corresse, talmente che la gente del luogo stomacata de' suoi disordini, prese il partito di cacciarnela, e di rilegarla in una grotta, fuori del loro paese. E là, consumata da un male orribile, che faceva cadere a pezzi le sue carni, ella se ne morì poco dopo senza Sacramenti e priva di ogni umano aiuto. Una morte simile non sembrava meritare gli onori della sepoltura, perciò non altrimenti venne trattato il cadavere di quella donna, che col seppellirlo nei campi, come quello d'un cane. Suor Caterina aveva il pio costume di raccomandare in particolar modo a Dio le persone di sua conoscenza che passavano all'altra vita, ma essa non pensò punto alla vecchia peccatrice, credendola, giusta l'opinione di tutti, dannata. Erano già quattro anni che quella donna era morta, quando un giorno alla Serva di Dio apparve un'anima del purgatorio, e le tenne questo discorso: - Suor Caterina, che disgrazia è la mia? Tu preghi per tutti quelli che muoiono, e solo dell'anima mia poveretta, tu non vuoi mai avere compassione. - E chi sei tu? le domandò la Serva di Dio. - Io sono, rispose, un'anima del Purgatorio, sono quella povera Maria che morì nella grotta.- Come? Tu sei salva, - esclamò Caterina con sorpresa. - Sì, lo sono, ripigliò l'anima, per la bontà della S.S. Vergine: negli ultimi miei momenti, abbandonata da tutti, e vedendomi insozzata di colpe, mi rivolsi alla Madre di Dio, e dal fondo del cuor mio le dissi: Voi, o rifugio di tutti quelli che sono abbandonati, abbiate pietà di me; io sono abbandonata da tutti, voi siete l'unica mia speranza, venite in mio aiuto! Io non pregai invano. È all'intercessione di Maria che io sono debitrice d'avere sfuggito l'inferno, con un atto di contrizione perfetta. La Madonna mi ottenne anche la grazia che fosse abbreviato il mio patire; la divina giustizia facendomi soffrire in intensità quello che avrei dovuto soffrire in durata. Non mi occorrono che alcune Messe per essere liberata dal purgatorio: Fammele dir tu, e ti prometto che entrata che io sia in cielo, non cesserò di pregar Dio e la SS. Madre per te. Suor Caterina fece celebrare le Messe, e qualche tempo dopo quell'anima benedetta splendente apparve di nuovo e, manifestandole la sua riconoscenza, le disse: - Il cielo mi è aperto finalmente. Io vado a celebrarvi le misericordie del mio Dio e della sua divina Madre Maria, e sii sicura che non mi dimenticherò mai di te.

Pensiero del giorno

Che teme l'anima che ha l'amor di Dio? Unico suo timore è quello di disgustare anche minimamente il suo Dio.

[Brano tratto da "Invito alla santità" di Don Giuseppe Frassinetti (1804 - 1868), Città Nuova, Imprimatur + Aloisius Liverzani, Episcopus Tusculanus - Frascati, 13 maggio 1981].

mercoledì 6 agosto 2025

Canale Telegram "Cordialiter"

Cari amici,

informo i nuovi lettori del blog che nel giugno del 2022 ho aperto un canale su Telegram. Per trovarlo e iscrivervi vi basta aprire l'app sul vostro smartphon, poi premere sul simbolo della lente d'ingrandimento in alto a destra e scrivere "Cordialiter" sulla barra delle ricerche. Una volta entrati nel canale, se ci si vuole iscrivere per ricevere gli aggiornamenti bisogna premere sul tasto "Unisciti" in basso.

Sursum corda!

Consumare i dogmi significa distruggere l'unità della Chiesa

La questione che in materia oggi si presenta come la più grave è appunto quella dell'intercomunione. Per fare del vero ecumenismo, non bisogna commettere errori su questo punto.

La Chiesa, la sua dottrina, e in particolare la sua dottrina ecclesiologica, sono fondate su dogmi per essa inalienabili ed irreformabili. Altre confessioni non hanno veri dogmi ecclesiologici; per esse l'unità è opera esclusiva dello Spirito Santo e basta. Lo Spinto Santo agisce sempre ed è il principio della santificazione; ma non lo si può porre come principio visibile e storico dell'unità ecclesiale.

Nel Vangelo l'unità del Regno di Dio in terra è fatta da Pietro. Non si tratta di due piccole variazioni, ma di due concezioni che stanno di fronte. La prima concezione permette la disgregazione, tant'è vero che recentemente il patriarcato moscovita ha concesso l'autocefalia alla chiesa greco-slava d'America. La prima concezione ammette la federazione, non l'unità visibile. Qui sta il punto, sia che ci volgiamo a Oriente sia che ci volgiamo ad Occidente. Consumare i dogmi lentamente fino al punto di non costituire più un problema capitale non è fare l'unità, ma distruggere in breve tempo l'unità in tutte le Chiese. La Chiesa riposa sull'unità dogmatica. Senza di essa muore. Questo non è possibile per le promesse espresse dall'Evangelo; quello che è possibile è che dagli uomini, per difetto di metodo, si allontani il momento desiderato dell'abbraccio fraterno, coerente con la verità di Dio.

[Cardinale Giuseppe Siri, “Bilancio dell'ecumenismo”, “Renovatio”, VI (1971), fasc. 4, pp. 451-452]

Pensiero del giorno

Chi sta unito alla volontà di Dio sta sempre in pace, poiché la divina volontà toglie l'amarezza a tutte le croci. Le anime sante col dire: "Così vuole Dio: Così ha voluto Dio", trovano pace in ogni travaglio.


(Sant'Alfonso Maria de Liguori)

martedì 5 agosto 2025

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La fanciulla che offriva alla Madonna i fiori campestri

[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].

Impieghiamo bene il nostro tempo se vogliamo assicurarci una beata eternità. Una fanciulla di 12 anni piamente educata nella devozione alla Madonna, andava ogni dì ad una Cappelletta a porre sul capo ad un'immagine di Maria una ghirlanda di fiori campestri. Quando la stagione non ne dava, suppliva intrecciando degli arbusti verdeggianti; fatta la sua offerta, e recitata devotamente la sua preghiera a piedi di quella sacra immagine, si recava giuliva ai campi ad attendere ai suoi lavori. In due anni non mancò mai a sì pia pratica, mercé gli stimoli e le lodi della buona madre, che spesso le parlava della Beata Vergine. Avvenne che nel maggio del 1835 la fanciulla ammalò. Pianse per dispiacere di non potere, secondo il solito, rinnovare la sua ghirlanda a Maria; ma riflettendo che il Rosario è una corona spirituale che si offre alla Madonna, lo recitò con fervore, e poi pregò la madre che volesse andar a vedere se la corona di rose da lei deposta l'ultima volta in capo all'immagine fosse già appassita. La madre trovò i fiori ancor freschi e belli, la figlioletta tripudiò di gioia. Intanto la malattia peggiora, si fa mortale, e non lascia più speranza di guarigione. La fanciulla doveva fare in breve la sua prima Comunione, e, non meno istruita che pia vi si apparecchiava con particolar fervore. Ma Iddio prima del tempo stabilito volle ammetterla al divino banchetto. L'ultimo giorno di quel mese dedicato alla Regina degli Angeli ricevette la santa Comunione con una pietà e fervore tutto straordinario, e poi, questo nuovo angioletto se ne volò al cielo. Poco prima di morire brillò tutto ad un tratto di gioia, e mandò un grido di sorpresa. Un angelico sorriso fioriva sulle sue labbra scolorate, e i suoi belli occhi si volsero estatici ad un angolo della camera. La madre intenerita le domandò conto di tal novità; ed essa disse: È la Madonna, Ella medesima, che io vedo venuta dal cielo tutta raggiante di gloria, e circondata dagli angeli. Eccola, eccola! la vedete voi? Ha in capo l'ultima corona di rose che io le ho offerta. La pia madre cadde ginocchioni, gonfia gli occhi di pianto e in quell'istante stesso un'aureola luminosissima circondò la fronte della moribonda fanciulla, e una voce di paradiso disse queste parole: Tu, mia figlia, ben impiegavi il tuo tempo a coglier fiori per intrecciare ghirlande che presto appassivano, vieni a riceverne una in cielo che non appassirà giammai.

Pensiero del giorno

Si comincia ad esercitare la pazienza cercando di tollerare i disagi e le sofferenze quotidiane senza mormorare, ma con rassegnazione, sapendo che la divina Provvidenza non permette prova alcuna che non sia per noi fonte di bene. Agli inizi, ed anche per lungo tempo, l’anima sentirà molta ripugnanza per la sofferenza, tuttavia, se si sforza di abbracciarla bene - con costanza, con pace, con sottomissione al volere divino - un po’ alla volta, proprio attraverso questo esercizio tanto penoso, comincerà a sperimentare il grande profitto spirituale che ne deriva, si sentirà infatti più distaccata dalle creature e da se stessa e più vicina a Dio. Spontaneamente allora giungerà a stimare la sofferenza e poi, sperimentandone sempre più la fecondità spirituale, finirà con l’amarla. 

Ma non bisogna farsi illusioni: l’amore alla sofferenza è il vertice della pazienza, è il frutto della pazienza perfetta; per giungere a queste altezze occorre cominciare da un esercizio assai più umile: accettare in pace, senza lamentarsi, tutto quello che fa soffrire. 

(...) O Gesù, per amor tuo e col tuo aiuto, voglio soffrire in pace tutte le contrarietà della vita. 

[Pensiero tratto da “Intimità Divina”, di Padre Gabriele di S. Maria Maddalena, pubblicato dal Monastero S. Giuseppe delle Carmelitane Scalze di Roma, imprimatur: Vicetiae, 4 martii 1967, + C. Fanton, Ep.us Aux.].

lunedì 4 agosto 2025

Quattro galeotti... ed un Prete!

Dagli scritti di Don Giuseppe Tomaselli (1902-1989)


Entro nel Manicomio Criminale di Barcellona (Messina). Domando al Direttore il permesso d'intrattenermi con i detenuti. Approfitto per discorrere con i singoli e prometto d'interessarmi delle varie richieste. Raccolti nell'ampio cortile centinaia di detenuti, in maggioranza assassini, rivolgo a tutti la parola, in forma di predica. Alla fine regalo dei sigari e delle caramelle. Un carcerato, mentre mi allontano dalla massa, esclama: Ho sessant'anni e questa è la prima volta che ascolto una predica! Ho mai sentito parlare un Prete! Ne ho avuto sempre paura! -

Ritorno l'indomani nella prigione e faccio chiamare quattro detenuti. Uno ha trent'anni da scontare, il secondo ed il terzo sono verso la fine della pena ed il quarto è un condannato a vita. Sul tavolo c'è una bella torta.
- Amici miei, questo dolce è per voi! 
- Per noi?
- Sì, tutto per voi!
- Ma basterebbe per venti! ...
- Invece, uno di voi faccia quattro parti e poi servitevi!
- Allora ne facciamo cinque! Una anche per voi!
- Non occorre! -
Mentre consumano la torta, contemplo gli occhi dei detenuti. Sono gonfi di pianto.
- Accettate, Reverendo, un boccone della mia porzione.
- Ed anche della mia! 
- Accetto con cordialità.
- Io sono, dice uno dei quattro, un accanito comunista. Ma uscendo dalla galera, potrò mettermi più nelle file dei comunisti ed andare contro i Preti?
- Ed io, soggiunge l'ergastolano, sto conoscendo ora i Preti. Reverendo, è la prima volta in vita mia che parlo con un Prete; e questo Prete siete voi.
- Fatevi coraggio! La vostra condizione mi fa tanta pena; siete un condannato a vita e avete bisogno di conforto. Se posso esservi utile, eccomi a disposizione!
- Ho un unico figlio, di dieci anni; è intelligente; non vorrei che crescendo abbandonato, abbia a fare la mia triste fine. Desidero venga ricoverato. Se mi otterrete questo, darete al mio afflitto cuore un grande sollievo.
- Potete contarci! Il vostro paese?
- Floridia, nella provincia di Siracusa.
- L'attuale Prefetto di quella provincia, di cui conosco il buon cuore, verrà subito incontro al vostro desiderio.
- Permettete, Reverendo, che vi abbracci?
- È un onore per me essere abbracciato da un fratello che soffre! -
Gli altri detenuti fanno altrettanto.
- Se avrete bisogno di qualche cosa, ecco il mio indirizzo; anche da lontano m'interesserò di voi. -
Prima di uscire dalla prigione, il cortese Direttore mi invita a ritornare di tanto in tanto tra i detenuti.
Prendo la via del ritorno e devo attraversare il corso principale di Barcellona; al centro del corso vedo un grande medaglione a basso rilievo «- A Giordano Bruno - I Liberi Pensatori ».

Liberi Pensatori, o Frammassoni di Barcellona, invece di avventarvi contro i Preti, perchè non aprite il cuore alla carità? Avete qui una Casa Penale con cinquecento infelici. Privatevi di qualche divertimento, rinunziate ai vostri vizi, mettete da parte qualche cosa e visitate i miseri detenuti! Soccorrete le famiglie di questi sventurati, che forse sono prive di pane! Portate la parola del conforto a chi soffre!... Voi invece non lo fate! Si muovono le vesti nere, a compiere quest'opera altamente umanitaria; e voi vi limitate a scrivere: Abbasso i Preti!


(Brano tratto da “Abbasso i preti”, di Don Giuseppe Tomaselli)